giovedì 26 febbraio 2015

Il gruppo di lavoro

In questo articolo vengono definite le caratteristiche del lavoro di gruppo, proponendo alcuni punti di attenzione per migliorarne il processo stesso di lavoro.

Il percorso formativo ci permetterà di:

ü  definire il fenomeno "lavoro di gruppo";

ü  distinguere le caratteristiche principali del gruppo di lavoro;

ü  mettere in atto consapevolmente metodologie di lavoro efficaci per il raggiungimento dei risultati.

Noi tutti siamo continuamente coinvolti in gruppi diversi: sportivo, spontaneo, di lavoro ecc. Ma i gruppi non sono tutti uguali. Ai fini della nostra analisi occorre distinguere il gruppo dal gruppo di lavoro.
 
  1. Il gruppo
Può essere descritto come un insieme più o meno grande di persone:

  • con una comune percezione della loro unità
  • interdipendenti
  • interagenti in un certo periodo e in un dato spazio
  • legate da un senso di appartenenza
  • con valori, norme, ruoli dichiarati e condivisi
  • orientate più o meno consapevolmente alla stessa meta da bisogni e desideri

I gruppi possono fornire uno sbocco per i bisogni di affiliazione: amicizia, sostegno, affetto. Possono fornire il mezzo per sviluppare, intensificare o confermare il senso dell’identità o per confermare l’autostima; attraverso il gruppo una persona può formare o aumentare il senso della sua identità, può raggiungere un certo prestigio, può quindi aumentare il suo senso di autostima. Il gruppo può fornire il mezzo per poter verificare la realtà; raggiungendo un certo accordo tra loro, i membri del gruppo possono cominciare a percepire come reali e stabili parti dell’ambiente che potevano apparire incerte; ciascun individuo può inoltre verificare le sue percezioni personali confrontandole con quelle degli altri. Il gruppo può fornire il mezzo per aumentare la sicurezza e il senso di potere nell’affrontare un "pericolo" comune. Il lavoro di gruppo non è soltanto lo svolgimento di un compito, ma comprende e richiede sia la gestione delle relazioni sia la gestione dell’operatività.

 
  1. Il gruppo di lavoro
E' un insieme limitato di persone con la consapevolezza della loro unità:

  • interdipendenti
  • interagenti in un certo periodo e in un dato spazio
  • legate da un senso di appartenenza
  • con valori, norme, ruoli dichiarati, negoziati e condivisi
  • impegnate a raggiungere un obiettivo scelto e assegnato
  • impegnate nello svolgimento di un compito
  • motivate da interessi professionali o aziendali
Il gruppo di lavoro svolge specifiche attività come soluzione di problemi, progettazione di attività e beni, preparazione di procedure finalizzate al raggiungimento di un obiettivo, realizzate attraverso modalità, tempi, metodi, risorse.
Nel lavoro di gruppo emergono:
  • negoziazioni di: obiettivi, metodi, ruoli, idee, decisioni;
  • confronto tra: persone, capacità, culture, stili di comunicazione.
Il lavoro di gruppo deve quindi sviluppare:
  • integrazione di: obiettivi individuali del gruppo e dell’organizzazione, metodologie, ruoli, competenze, qualità personali;
  • gestione delle differenze: competenze, percezioni, idee, soluzioni, aspettative, motivazioni.
All'interno del gruppo di lavoro si registrano:

  • sentimenti
  • affetti
  • fantasie
  • motivazioni
  • desideri
  • frustrazioni
  • aspettative
  • ecc.
che ogni persona sviluppa verso:

  • i colleghi
  • il compito del gruppo
  • il gruppo stesso
  • il leader
  • se stesso
  • l’organizzazione
  • ecc.
Queste componenti emotivo/affettive caratterizzano quello che per semplicità definiamo gruppo di base. Il raggiungimento del compito e degli obiettivi è costantemente influenzato dalla dimensione di base. Quindi il gruppo di lavoro è influenzato nel suo funzionamento dal gruppo di base.

 

3.    I fattori costitutivi del gruppo di lavoro


Per svolgere il suo lavoro, il gruppo di lavoro si dota di:

  • un obiettivo: risultato atteso dal gruppo di lavoro, coerente con i risultati attesi dall’organizzazione.
  • un metodo: strategia con cui si affronta un percorso, un compito, un obiettivo.
  • dei ruoli: insieme dei comportamenti che ci si aspetta da chi occupa una posizione all’interno del gruppo.
  • una leadership: riguarda la condizione del gruppo di lavoro, relativamente a individui e gruppo.
  • un metodo di comunicazione: processo che garantisce lo scambio di informazioni nel gruppo, fa funzionare il gruppo.
  • un clima: indica la "qualità" dell’ambiente del gruppo, fatta di sentimenti, percezioni, opinioni.
  • un profilo di sviluppo: crescita delle competenze dell’individuo nel gruppo e dell’intera competenza del gruppo.
I membri possono comportarsi in modo da facilitare il lavoro di gruppo, quando ad esempio si:
  • propongono soluzioni
  • propongono idee
  • chiedono informazioni
  • danno informazioni
  • chiedono opinioni
  • danno opinioni
  • rielaborano
  • riassumono
Comportamenti che favoriscono il lavoro di gruppo sono:

  • verificare il consenso
  • mediare
  • accettare la tensione
  • incoraggiare
  • sostenere/dare riconoscimenti
  • gestire i compiti anziché favorire la rottura dei rapporti

Comportamenti che ostacolano il lavoro di gruppo sono:

  • fare conversazioni private
  • creare alleanze
  • prevaricare
  • ritirarsi/estraniarsi
  • giocherellare con il gruppo
  • non prendere sul serio
  • non ascoltare
  • ripetersi
  • non utilizzare i suggerimenti
  • autoconfessarsi/sfogarsi.
 
  1. Indicazioni per rendere più efficace il lavoro di gruppo
Per migliorare il proprio modo di lavorare, il gruppo di lavoro deve dotarsi di metodi e strumenti che garantiscano la buona realizzazione del compito e il pieno raggiungimento degli obiettivi.
Occorre definire un efficace metodo di lavoro che permetta di chiarire e condividere tra i membri del gruppo di lavoro:

a.    Il metodo di discussione
Il metodo di discussione deve essere finalizzato ad ottenere la più ampia partecipazione attiva delle risorse.
Lasciare la discussione al caso significa lasciare spazio al gioco dell’influenza e dei ruoli informali.
Per attivare una buona discussione occorre definire tempi e modalità per esprimere opinioni personali, sensazioni a ruota libera e raccogliere e classificare dati e fatti concreti;
Ciò può essere fatto attraverso:

  • il giro di tavolo
  • l' iscrizione a parlare
  • controllando il tempo a disposizione
In un gruppo di lavoro per gestire il conflitto e le differenze individuali occorre:

  • arricchire la comunicazione ed il feed-back
  • incrementare l’autoconoscenza
  • usare costruttivamente il conflitto
  • incrementare l’ascolto attivo
  • accertare tutti i punti di vista come "veri", fornire feed-back realistico specifico.
  • valorizzare le capacità, assegnare ruoli coerenti con le capacità.
  • usare la negoziazione, ragionare sui dati e sui fatti.
  • non presumere di sapere quello che verrà detto, porre domande a chi parla.
Per verificare se la riunione del gruppo di lavoro utilizza un buon metodo di discussione proponi al tuo Team di commentare la check-list (vedi glossario).
Per approfondire meglio il tema ti consigliamo di consultare le pagine sulla comunicazione (vedi glossario).

 b.    Il metodo di decisione
Un buon metodo di decisione ha lo scopo di:
  • affrontare o dirimere contrasti e divergenze
  • prendere le decisioni relative al compito
  • realizzare l'organizzazione operativa (quale candidato per un ruolo, definire tempi di lavoro ecc.)
Le decisioni possono essere prese a:
  • maggioranza
  • unanimità
  • delega
  • a "imbuto"
Il metodo di decisione "a imbuto" prevede che vengano formulate soluzioni alternative, che vengano confrontate con gli obiettivi critici, e pertanto prioritari, con i vincoli (tempo, budget, risorse ecc.) e con i possibili imprevisti.
La soluzione viene quindi costruita progressivamente attraverso confronti senza possibilità di ritorno sui livelli di decisione acquisiti.
Nella pianificazione del tempo di una riunione vanno tenuti in considerazione alcuni momenti centrali:
  • tempo per la definizione del compito (definire obiettivo, scegliere metodo, definire i tempi, raccogliere opinioni);
  • tempo per la presa di decisione (raccogliere dati e fatti, classificarli, avanzare proposte, prendere decisioni);
  • tempo per le conclusioni.
c.    L’agenda
L'agenda di una riunione o di una attività serve a definire chi fa - che cosa - e quando. In particolare:
  • stabilire una "scaletta" che scandisca il "tempo comune"
  • costruire l’agenda e delineare il calendario dei lavori
  • impegnare reciprocamente energie e capacita’.
L'agenda deve tenere ben presenti:
  • obiettivi
  • priorità
  • scadenze
  • verifiche
  • responsabilità
d.    Il problem solving
A livello di gruppo, il problem solving deve trovare un livello maggiore di condivisione e integrazione delle soluzioni. In particolare occorre superare l'atteggiamento di "caccia al colpevole", "chi è stato?" A favore di: "perché succede?"
Per approfondire il tema consulta le pagine sul problem solving (descrivere di seguito)
Ti proponiamo di commentare insieme al tuo Team la check-list di seguito riportata.

e.    La check list problem solving
PER CONTROLLARE IL CORRETTO SVOLGIMENTO DA PARTE DEL GRUPPO DEL PROCESSO DI PROBLEM SOLVING OCCORRE:

1. verificare l’accordo su ciascuna delle fasi di lavoro del gruppo
2. coinvolgere tutti i membri nella definizione del problema (accordo)
3. verificare la correttezza della definizione del problema (falsi problemi)
4. evitare di sentirsi eccessivamente tranquillizzato da un accordo dichiarato senza averne approfondito il significato individuale, in qualsiasi momento del lavoro (scendere sul concreto)
5. proporre le metodologie di problem solving collegandole alle fasi logiche di risoluzione dei problemi (verifica comprensione e accordo)
6. "apprendere facendo" e gestire l’errore (di conduzione, di metodo) come una ulteriore informazione utile a correggersi
7. assicurarsi che tutte le alternative siano in tavola prima di valutarle
8. verificare che lo sforzo sia diretto verso ostacoli sormontabili (non analizzare il passato e ciò che si sarebbe dovuto fare, ma l’oggi per programmare il domani; verificare il livello di cambiamento atteso e i vincoli per la fattibilità).


mercoledì 18 febbraio 2015

Prevenire il disagio emotivo con "Il gioco della sabbia" di Dora Kalff


Nel lavorare insieme a bambini e ragazzi con Disturbi Specifici di Apprendimento e non solo, ci siamo resi conto delle loro fragilità e delle possibili potenzialità che un approfondimento di tali variabili possa far venire alla luce.
Il nostro obiettivo è lo sviluppo della resilienza. Infatti, le persone che riescono a raggiungere un alto livello di resilienza riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.  Esse tendenzialmente saranno più ottimiste, flessibili e creative; sanno lavorare in gruppo e fanno facilmente tesoro delle proprie e delle altrui esperienze. Pertanto, possiamo pensare alla resilienza come ad una funzione psichica che si modifica nel tempo in rapporto all'esperienza, ai vissuti e, soprattutto, al modificarsi dei meccanismi mentali che la sottendono.
Nel nostro caso del Laboratorio metacognitivo "Strategicamente bravi!", intendiamo sviluppare come variabile principale l'impegno. Per impegno intendiamo la possibilità che i bambini e i ragazzi si lascino coinvolgere nelle attività. Chi sviluppa questa caratteristica sicuramente si dà da fare, divine attiva, e infine non è spaventata dalla fatica. Pertanto non abbandona facilmente il "campo"; la sua attenzione diviene pregnante, altrettanto il suo essere vigile, ma non va a dimostrare ansia. Così apprende il concetto realistico di difficoltà. Le valutazioni quadrimestrali hanno dimostrato proprio questo percorso, considerando che l'impegno è commisurato anche all'uso di strumenti compensativi, ossia all'apprendimento di strategie che consentano di supportare proprio quell'impegno che negli altri ragazzi può venire "naturalmente".

Come sviluppare la resilienza, potenziare l'impegno, saper analizzare realisticamente le difficoltà. Strumenti alternativi per lo sviluppo dell'autostima.
A tal riguardo possiamo riferirci alle tecniche creative, e allo stesso tempo catartiche, proprie de "Il gioco della sabbia" ideato da Dora Kalff (1962). Il Gioco della sabbia viene utilizzato nella psicoterapia dei bambini e delle persone adulte e sviluppa il valore dell'immaginazione tramite l'utilizzo della sabbia e di oggetti in miniatura, come pupazzetti, figure umane, animali, piante, case con i relativi utensili, monumenti sacri e simboli religiosi, automobili, ma anche sassi, legni, conchiglie e materiali grezzi di tutti i tipi. Il materiale consente la composizione di scene immaginarie, favorendo la liberazione delle forze dell’emisfero destro del cervello, quelle cosiddette intuitive e corporee, istintuali ed immaginative, permettendo di compensare ed equilibrare le forze logiche, razionali ed astratte. La sabbia riporta al piacere infantile di manipolare.
La sabbiera diventa il campo interattivo tra il paziente e il terapeuta, e l’immagine nella sabbia è la forma visibile e tangibile offerta da chi gioca a questa speciale interazione. Disponendosi a livello della mente, con le proprie emozioni, con l'osservazione dei comportamenti e degli "agiti",
il terapeuta può assistere alla composizione delle immagini  che si formano come un fantasmagorico caleidoscopio. è l'inizio di una narrazione realizzata mediante simboli, che si riferiscono alle memorie personali, ma anche, come afferma Jung, ad immagini archetipiche che popolano l’inconscio di chi ha costruito ed agito queste immagini. Diviene importante che il terapeuta accetti le produzioni fantastiche delle persone che giocano con la sabbia. Inoltre sempre il terapeuta metterà le condizioni affinché il paziente elabori e comprenda le immagini insieme a lui. La valorizzazione è il termine giusto per far sì che il bambino, il ragazzo o la persona adulta "apprenda" attraverso un ascolto globale che focalizza dapprima il cuore e la testa e infine il pensiero.
 
La dinamica del Gioco della sabbia                                                                                                 
Il Il bambino, il ragazzo, la persona adulta che si approccia al “Gioco della sabbia” ha solitamente a disposizione una cassetta con la sabbia asciutta. E' possibile che le cassette siano due, la seconda con la sabbia bagnata. Le dimensioni di ogni cassetta di legno sono quelle suggerite dalla Kalff: cm 57x72x7 con il fondo colorato di azzurro (Aite, 1970). Nella stanza adibita alla terapia sono presenti scaffali dove sono poggiati, come si è già detto, un gran numero di oggetti. Servendosi di questa collezione, il bambino può iniziare a costruire una rappresentazione utilizzando gli oggetti che desidera (si veda l'immagine seguente - FONTE: Fabrizio Mancinelli).


Le dimensioni della sabbiera consentono a chi osserva di avere davanti l'intera scena senza dover ruotare la testa da destra a sinistra e viceversa. Secondo la Kalff, sono proprio tali dimensioni della cassetta che permettono il processo di proiezione. Inoltre le dimensioni stesse operano anche una delimitazione dello spazio, consentendo a chi gioca sia la protezione sia l'ordine. Questi due imprescindibili fattori permettono il contatto tra l'Io e l'Inconscio, favorendo dunque sia la proiezione agita (dei contenuti psichici profondi) sia la possibile interpretazione da parte del terapeuta (Psicologo o Neuropsichiatra o Psichiatra).
Il gioco della sabbia dà quindi l'opportunità al bambino di rappresentare delle situazioni a lui molto significative attraverso il "trasferimento" su un oggetto della sua soggettività. Il significato consiste, infatti, nella capacità inconscia del bambino di iniziare a distinguere elementi della sua realtà interna.
Nelle intenzioni della fondatrice di questa metodologia, il gioco della sabbia è un approccio
specificamente non verbale e – dovremmo dire – “immaginale”.  Carl Gustav Jung esprime chiaramente ne "Il segreto del Fiore d'Oro" (a cura di C. G. Jung e con R. Wilhelm, 1936, p. 16) il suo pensiero circa la rappresentazione dei contenuti psichici per immagini come "il lasciar correre indisturbato il fluire dello sviluppo psichico". La rivelazione del potere delle immagini psichiche divengono significative attraverso il gioco, che permette processualmente l'integrazione della psiche. Si tratta di far emergere il bambino che sta "dentro di sé" (per l'adulto), quella parte che o è stata dimenticata o ha subito una svalorizzazione. I bambini, d'altronde, essendo più spontanei e diretti, sono estremamente facilitati in questa dinamica e ,dunque, per loro diviene molto produttivo giocare con la sabbia.
 Dal punto di vista della prevenzione e trattamento del disagio, il gioco della sabbia permette:
•di esprimere le dimensione profonde della psiche e
•di favorire l'espressione delle proprie difficoltà attraverso le immagini interne proiettate nella sabbiera.
 Vorrei chiudere la mia descrizione con alcune parole di Paolo Aite (1970, p. 290): "La tecnica della sabbia in questo senso è più alla portata di tutti. La fisicità, la tridimensionalità della composizione, il fatto che possa essere registrata e fotografata, è un altro elemento che rende più intrinsecamente reale il prodotto rispetto all'immaginazione attiva non espressa in forme visibili. La tecnica della sabbia ha poi una certa lentezza nei tempi di esecuzione che permette una più attenta osservazione del fenomeno da parte dell'analista che deve poterne sempre meglio registrare tutti gli aspetti dalla successione delle immagini, ai contesti spontanei, al comportamento. E' questa una qualità che apre una strada a ricerche più precise. In questo senso la tecnica della sabbia può essere un valido mezzo di ricerca. Il gioco della sabbia, a mio parere, ha aperto veramente una nuova strada per la terapia e l'indagine della psiche. L'esperienza fin qui fatta mi permette di concordare con la Kalff sulle fasi di sviluppo del processo da lei rilevate e già intuite da Neumann. Tutto va ulteriormente sperimentato e veduto e possibilmente paragonato alle esperienze di altri autori. Questa tecnica permette un'attivazione del processo terapeutico e una riduzione dei tempi di analisi. Riguardo alla sua applicabilità per ora posso affermare che si è rivelata inadatta solo nei casi di psicosi latente. Va ancora fatto un accurato studio sulla sua applicabilità in rapporto a quadri clinici diversi; per questo sarebbe auspicabile una sua utilizzazione e sperimentazione negli ambienti psichiatrici".


 

 
 
 

lunedì 16 febbraio 2015

Come potenziare in classe le competenze sociali attraverso l'osservazione


L’analisi delle modalità comunicative che si svolgono tra i vari alunni all’interno del gruppo classe possono essere efficacemente rilevate attraverso l’osservazione.

Per osservare le interazioni tra i bambini abbiamo bisogno di avere a disposizione una griglia di osservazione che ci permetta di valutare qualitativamente categorie che rappresentano il modo di comunicare a livello verbale, non verbale, gestuale, tattile.

Ognuna di queste modalità è intesa sia in senso positivo che negativo.

Tali categorie, ovvero indicatori, per essere rilevate devono essere identificate in maniera precise (descrittori) per non essere confuse tra loro.

 

INDICATORI
DESCRITTORI
Interazione verbale positiva
Dare, offrire, prendere, condividere
Interazione verbale negativa
Minacciare, disprezzare, accusare
Interazione gestuale positiva
Orientamento sociale: occhiata e sguardo attento
Prossimità: avvicinamento, dare offrire, condividere
Interazione gestuale negativa
Gesti di minaccia, di ribellione, di digressione
Interazione tattile positiva
Contatto fisico: tra mano e corpo, tra corpo e corpo, ecc.
Interazione tattile negativa
Attacco fisico: inseguimento, spintone, colpo, calcio, morso lotta, ecc.

 

L’osservazione va effettuata in un momento della giornata in cui i bambini non sono stanchi e in cui è loro possibile svolgere delle attività libere.

L’insegnante riporterà su una scheda, simile  a quella proposta, le competenze sociali osservate per ogni singolo bambino.

L’osservazione dei comportamenti deve essere compiuta per intervalli di 1 minuto

L’osservazione va suddivisa in 20 intervalli separati tra loro da 30 secondi da utilizzare per la registrazione. In totale l’osservazione durerà 30 minuti

Le informazioni così raccolte verranno, infine, riassunte in una tabella di sintesi delle frequenze

 
Classe …………………………….. data……………………. osservazione numero………….

Nome del bambino…………………………………………….età………………….

Durata dell’osservazione……………… Inizio alle ore…    fine alle ore …………..

 
INDICATORI
Unità di tempo (minuti)
i.v.p.
i.v.n.
i.g.p.
i.g.n.
i.t.p.
i.t.n.
 
1
 
 
 
 
 
 
 
2
 
 
 
 
 
 
 
3
 
 
 
 
 
 
 
4
 
 
 
 
 
 
 
5
 
 
 
 
 
 
 
6
 
 
 
 
 
 
 
7
 
 
 
 
 
 
 
8
 
 
 
 
 
 
 
9
 
 
 
 
 
 
 
10
 
 
 
 
 
 
 
11
 
 
 
 
 
 
 
12
 
 
 
 
 
 
 
13
 
 
 
 
 
 
 
14
 
 
 
 
 
 
 
15
 
 
 
 
 
 
 
16
 
 
 
 
 
 
 
17
 
 
 
 
 
 
 
18
 
 
 
 
 
 
 
19
 
 
 
 
 
 
 
20
 
 
 
 
 
 
 

 

 
Classe …………………………….. data……………………. osservazione nunero………….

Durata dell’osservazione……………… Inizio alle ore……………. fine alle ore …………..

 

Nome alunno
i.v.p.
i.v.n.
i.g.p.
i.g.n.
i.t.p.
i.t.n.
Indice di interazione individuale
(somma delle interazioni positive)
Indice di interazione individuale
(somma delle interazioni negative)
Indice di interazione individuale (somma dei descrittori rilevati)
1
 
 
 
 
 
 
 
 
 
2
 
 
 
 
 
 
 
 
 
3
 
 
 
 
 
 
 
 
 
4
 
 
 
 
 
 
 
 
 
5
 
 
 
 
 
 
 
 
 
6
 
 
 
 
 
 
 
 
 
7
 
 
 
 
 
 
 
 
 
8
 
 
 
 
 
 
 
 
 
9
 
 
 
 
 
 
 
 
 
10
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…..
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…..
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Indice dei singoli indicatori riferiti all’intero gruppo classe
 
 
 
 
 
 
 
Indice degli indicatori positivi riferiti all’intero gruppo classe
 
 
 
 
 
 
 
Indice degli indicatori negativi riferiti all’intero gruppo classe